La disciplina del demansionamento tra condizioni di legittimità e profili risarcitori

MementoPiù – Giuffrè FLV

14 Agosto 2023, di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite

Il demansionamento è disciplinato dall’art. 2103 c.c., che regola le ipotesi di mobilità prestazionale del lavoratore rispetto a quanto previsto in sede di assunzione, disciplinandone l’attuazione in senso ascendente, discendente o orizzontale. Perché possa parlarsi di dequalificazione professionale è necessario che l’assegnazione al lavoratore di mansioni diverse rispetto a quelle stabilite al momento dell’assunzione datoriale sia attuato al di fuori della cornice normativa indicata, risolvendosi in un danno del lavoratore giudizialmente apprezzabile, rilevabile quando l’illegittima attribuzione di mansioni inferiori determina l’insorgenza di una serie di conseguenze dannose, sia di natura patrimoniale che non patrimoniale a carico del lavoratore.

L’attribuzione di mansioni

Nel nostro ordinamento, per prestatore di lavoro subordinato si intende colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, come sancito nel disposto dell’art. 2094 c.c.

La messa a disposizione delle proprie energie lavorative viene concretizzata, da parte datoriale, mediante l’adibizione del prestatore allo svolgimento di determinate mansioni, così da consentire l’esplicazione e l’attuazione di quel bagaglio di competenze e professionalità di cui il lavoratore è solitamente portatore.

Vi è, infatti, un interesse collettivo a che il patrimonio di nozioni, di esperienza e perizia acquisita dal lavoratore nell’esercizio dell’attività venga opportunamente impiegato nell’assetto produttivo dell’impresa, tanto che il legislatore ne ha…

La falsa attestazione della presenza giustifica il licenziamento

QuotidianoPiù – Giuffrè FLV

03 Agosto 2023, di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite

L’assenza intermedia dal luogo di lavoro fra le timbrature di entrata ed uscita giustifica il licenziamento per falsa attestazione della presenza in servizio. Né può acquisire efficacia di giudicato in sede disciplinare la sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto, perché non rientrante nella categoria di cui all’art. 653 c.p.p.

Il mancato rispetto datoriale degli obblighi informativi costituisce condotta antisindacale

QuotidianoPiù – Giuffrè FLV

26 Luglio 2023, di Paolo Patrizio – Avvocato – Professore – Università internazionale della Pace delle Nazioni Unite

È antisindacale la condotta del datore di lavoro che omette di adempiere all’obbligo di comunicare alle OO.SS. le informazioni di cui all’art. 26, d.l. n. 48/2023 convertito in l. n. 85/2023 (e già previsti dall’art. 1-bis del d.lgs. n. 1526/1997, come novellato dal d.lgs. n. 104/2022), in relazione all’utilizzo di sistemi integralmente automatizzati e non coperti da segreto industriale e commerciale. La legittimazione attiva nel procedimento di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav. spetta agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse e la competenza territoriale a decidere della vicenda appartiene al Giudice del luogo di commissione del comportamento denunciato e non già a quello del luogo in cui tale comportamento è stato deliberato.